lunedì 30 luglio 2012

Corcione analizza il fallimento dell'Ebolitana

Si è tenuto tutto dentro, non cedendo alle tentazioni, sopportando le provocazioni. Ora che l’ultima stagione sembra lontanissima, con l’Ebolitana ufficialmente fuori dal calcio che vale qualcosa, Domenico Corcione, allenatore dei portieri della squadra campana può sfogarsi e cacciare tutto. Nelle sue parole: rabbia, amarezza, delusione; nelle sue rivelazioni: prepotenze, dissapori, minacce.

Alla base di tutto, la voglia di fare chiarezza, perché in "Tanti hanno parlato a vanvera, senza centrare cause e responsabili reali del fallimento biancazzurro". Che, secondo lui, ha un’origine precisa: "La fine dell’Ebolitana è iniziata due anni fa, dopo la vittoria nei playoff per la D, con l’arrivo di Ciccarone e del suo gruppo: hanno trasformato una famiglia in un’associazione a delinquere, protraendo comportamenti illegali, mai visti in tanti anni di carriera. Cattiverie come l’esonero ingiustificato di Nastri dopo una giornata, sospetti a iosa, ritiri poco professionali e molto simili a bordelli".

Non accusa solo l’ex direttore, Corcione. "Anche Cicalese mi ha deluso – dice – In particolare, ha messo in difficoltà me e la mia famiglia, giurando davanti i miei figli di rispettare il pagamento dei miei arretrati senza mai farlo, pure quando si è trovato nelle condizioni adeguate». Promesse non mantenute anche da «un altro socio – di cui non vale neanche la pena citare il nome per non dargli la soddisfazione di poter querelare – che si definiva persona corretta, foriera di cambiamento. Poi si è liquefatto nel nulla".

Dei vecchi dirigenti si salva solo l’ex team manager Garofalo ("non posso parlarne male"); dei nuovi, Piraino, "perché almeno ha provato ad adoperarsi. La speranza è che attui quanto mi ha confidato: adoperare buona parte dei 135mila euro che devono giungere dalla Lega per pagare tutti quei ragazzi che hanno collaborato con l’Ebolitana senza regolare contratto".

Alcuni di loro erano nello spogliatoio del “Dirceu” il 10 gennaio, nefasto giorno dell’aggressione: per molti, punto di non ritorno; per Corcione, che pure insieme a Nigro ebbe la peggio, no. "Gli schiaffi dei facinorosi hanno fatto meno male delle scelleratezze dei dirigenti. Un altro esempio? Le minacce riservate a Giacomarro, proprio quel pomeriggio, per indurlo alle dimissioni, con la cesta lanciatagli addosso e da me deviata. Per mesi, pure io ho ricevuto chiamate anonime di cattivo gusto, tanto che ho il telefono sotto controllo. Dai carabinieri sono già stato: voglio far pagare loro tutte le ingiustizie che hanno compiuto".

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